VIOLENZE SULLE DONNE: LA RESPONSABILITA’ DEL MAGISTRATO
Nei casi di violenze sulle donne il Giudice non deve osservare burocraticamente le regole, ma attivarsi per tutelare la vittima (Cass. SS. UU., Sent. n. 20335 del 31.07.2018)
Quando sono in gioco interessi rilevanti, come la vita di una donna, il giudice non può comportarsi da mero burocrate, applicando formalmente la legge, ma deve attivarsi in difesa della vittima a tutela della sua incolumità.
Con la Sentenza n. 20335/2018, condividendo le conclusioni della Commissione disciplinare del CSM, la Cassazione ha respinto il ricorso di un sostituto procuratore, sanzionato con la perdita di due mesi di anzianità, per non essersi attivato adeguatamente in relazione a un caso di violenza su una donna, conclusasi in un femminicidio.
Il procuratore non avrebbe infatti sollecitato, dopo diversi episodi di aggressione, l’adozione della misura cautelare del carcere in sostituzione degli arresti domiciliari a cui era stato sottoposto l’aggressore.
Per gli Ermellini il magistrato avrebbe dovuto informare il procuratore aggiunto e il collega a cui era stato assegnato il fascicolo al fine di sollecitare l’applicazione di una misura cautelare più grave, visto che in quella procura era presente un pool creato per contrastare le violenze in famiglia.
Anche se non spettava a lui dover disporre delle misure cautelari, sicuramente avrebbe potuto sollecitarne l’adozione tenuto conto della gravità del caso, caratterizzato da un pericolo crescente per l’incolumità della vittima.
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