CESSAZIONE COPPIA DI FATTO? RIPETIBILI ALL’EX I SOLDI SPESI PER IL FUTURO COMUNE
Secondo gli Ermellini vanno restituite all’ex le attribuzioni in denaro per la costruzione della casa comune destinata alla convivenza con il compagno, anche se l’immobile è di proprietà di quest’ultimo (Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 14732 del 07.06.2018)
Tutti i conferimenti di tempo e denaro con i quali l’ex ha cooperato alla costruzione della casa nella quale avrebbe poi convissuto con il compagno devono considerarsi ripetibili, anche qualora quelle assegnazioni abbiano contribuito alla costituzione di un bene che è entrato, di fatto, nella proprietà esclusiva dell’ex partner.
L’ha chiarito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 14732/2018 pronunciandosi su una vicenda originata dalla cessazione di una famiglia di fatto.
I due fidanzati, quando vivevano ancora separatamente, avevano entrambi contribuito con denaro e lavoro personale alla costruzione della loro futura casa di abitazione, su un terreno di proprietà del compagno e dunque divenuta di sua esclusiva proprietà.
Si tratta, secondo la Corte, di questioni molto frequenti, anche se non idoneamente disciplinate o risolte sul piano normativo, che concernono le conseguenze economiche dello scioglimento della famiglia di fatto e dei principi agli stessi applicabili qualora cessino rapporti sentimentali stabili, in relazione al destino delle spese sostenute in vista della futura convivenza.
I principi da applicare sono stati espressi dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 11330/2009) secondo cui l’azione generale di arricchimento ha come presupposto “la locupletazione di un soggetto a danno dell’altro che sia avvenuta senza giusta causa“.
Nel caso di specie, il conferimento di denaro e del proprio tempo libero, impegnato in ore di lavoro per la costruzione della casa che doveva essere la dimora comune, è stato senz’altro volontario da parte dell’ex ed effettuato peraltro quando essa ancora non era convivente, ma proprio in vista dell’instaurazione della futura convivenza.
Tuttavia, questo non è stato effettuato dalla donna in favore esclusivo del partner, come donazione, bensì in favore e in vista della costruzione di un futuro comune, cioè per costruire un immobile di cui avrebbero goduto insieme.
E ciò di certo non viene meno perché quel conferimento sia andato, di fatto, a integrare un bene entrato nella proprietà esclusiva dell’ex partner.
Dunque, sciolto il rapporto sentimentale, al convivente che non si è preventivamente tutelato in alcun modo, non potrà essere riconosciuta la comproprietà del bene che ha collaborato a costruire con il suo apporto economico e lavorativo, ma questi “avrà diritto a recuperare il denaro che ha versato e ad essere indennizzato per le energie lavorative impiegate volontariamente, per quella determinata finalità, in applicazione e nei limiti del principio dell’indebito arricchimento“.
Pertanto, i contributi, in lavoro o in natura, volontariamente prestati dal partner di una relazione personale per la realizzazione della casa comunque non sono prestati a vantaggio esclusivo dell’altro partner e pertanto non sono sottratti all’operatività del principio della ripetizione di indebito.
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