TITOLI FINMEK: LA BANCA DEVE RISARCIRE GLI INVESTITORI
Per la Corte d’Appello di Milano in assenza di prove dell’esistenza dell’ordine scritto deve necessariamente dichiararsi la nullità degli ordini di acquisto dei titoli Finmek (Corte d’Appello di Milano, Sez. I Civile, Sentenza n. 2353 del 11/05/2018)
La Banca che non è in grado di dimostrare l’esistenza dell’ordine di acquisto dei titoli obbligazionari contestati, deve essere condannata alla restituzione del capitale investito per nullità dell’ordine di acquisto.
Lo ha precisato la Corte d’Appello Meneghina, prima sezione civile, nella sentenza n. 2353/2018 che si è pronunciata in merito alla domanda di nullità e risoluzione di titoli Finmek presentata da due clienti nei confronti della Banca.
La Corte ha ritenuto priva di pregio giuridico la tesi della difesa della banca secondo cui, pur in presenza nel contratto quadro dell’impegno a ritenere validi solo gli ordini di acquisto scritti o in via eccezionale quelli telefonici registrati su supporto magnetico, pretendeva di comprovare l’esistenza dell’ordine e quindi la sua validità sulla base di presunzioni legate alle comunicazioni avvenute tra banca e cliente.
Difatti, i Giudici della I Sezione hanno ribadito che la prova presuntiva non è ammessa là dove non può essere ammessa la prova testimoniale ex art. 2729 c.c. e, in ogni caso, la prova testimoniale (anche se richiesta dall’Istituto di credito) non avrebbe potuto trovare accoglimento nel caso di specie ex art. 2725 e 2725 c.c. in quanto la banca non ha addotto alcuna incolpevole perdita dell’ordine di acquisto.
La Corte di Appello di Milano ha anche rigettato la tesi della banca basata sull’exceptio doli generalis” che l’Istituto di credito ha formulato con riferimento alle domande giudiziali attoree.
La Banca infatti sosteneva che l’avere gli attori proposto dette domande solo dopo il default di Finmek, che ha azzerato il valore delle sue obbligazioni, è chiaramente indice di mala fede.
Sul punto però la Corte di Cassazione (per tutte vedi sentenza n. 15216del 2012) ha avuto modo di precisare che:” La “exceptio doli generalis seu presentis” ha ad oggetto la condotta abusiva o fraudolenta dell’attore, che ricorre quando questi, nell’avvalersi di un diritto di cui chiede tutela giudiziale, tace, nella prospettazione della fattispecie controversia, situazioni sopravvenute alla fonte negoziale del diritto fatto valere ed aventi forza modificativa o estintiva dello stesso, ovvero esercita tale diritto al fine di realizzare uno scopo diverso da quello riconosciuto dall’ordinamento o comunque all’esclusivo fine di arrecare pregiudizio ad altri, o, ancora, contro ogni legittima ed incolpevole aspettativa altrui.”
La banca pertanto è stata condannata a risarcire i clienti danneggiati.
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