INCIDENTE CAUSATO DA RANDAGI? RESPONSABILE LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Gli ermellini ribadiscono orientamento già consolidato: per i danni causati dagli animali randagi o selvatici si applica la responsabilità extracontrattuale e ne risponde l’Ente cui le leggi affidano in generale il compito di controllo e gestione del fenomeno (Cass. Civ., Sez. 6, Ordinanza n. 13488 del 29.05.2018)
Una volta accertato a chi sono stati concretamente affidati i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata, questi risponde ex art. 2043 c.c. dei danni causati a terzi.
È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nell’Ordinanza 13488/18 e relativa alla richiesta di risarcimento danni avanzata da un automobilista all’Amministrazione provinciale e la Regione, a seguito di una collisione con un cinghiale che, improvvisamente, attraversava la carreggiata.
La Corte, richiamato l’art. 14 L. 142/1990 sulle autonomie locali, che attribuisce alle Province le funzioni amministrative di protezione della fauna selvatica, nonché la L. 157/1992, “si evince che la Regione ha una competenza essenzialmente normativa, mentre alle Province spetta l’esplicazione delle concrete funzioni amministrative e di gestione, nell’ambito del loro territorio. … E’ inoltre previsto che le Province stipulino apposite polizze assicurative per il risarcimento dei danni, senza espressa limitazione ai danni alle coltivazioni e non altrimenti risarcibili … Nell’ambito dei danni non altrimenti risarcibili – si riconosce che l’ente gestore del territorio, tenuto all’indennizzo e interessato alla stipula dell’assicurazione, è la Provincia, pur se essa possa provvedere anche tramite l’utilizzazione di fondi regionali.” sostiene come “la responsabilità aquiliana per i danni a terzi debba essere imputata all’ente, sia esso Regione, Provincia, Ente Parco, Federazione o Associazione, ecc., a cui siano stati concretamente affidati, nel singolo caso, i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata, con autonomia decisionale sufficiente a consentire loro di svolgere l’attività in modo da poter amministrare i rischi di danni a terzi che da tali attività derivino”.
Nel caso concreto, una volta individuata la responsabilità dell’Amministrazione provinciale, la fonte dell’obbligazione risarcitoria in capo alla stessa è rinvenibile “dalle regole generali di cui all’art. 2043 c.c. e non dalle regole di cui all’art. 2052 c.c.; non è quindi possibile riconoscere una siffatta responsabilità semplicemente sulla base della individuazione dell’ente cui le leggi nazionali e regionali affidano in generale il compito di controllo e gestione del fenomeno del randagismo e neanche quello più specifico di provvedere alla cattura ed alla custodia degli animali randagi, occorrendo la puntuale allegazione e la prova, il cui onere spetta all’attore danneggiato in base alle regole generali, di una concreta condotta colposa ascrivibile all’ente, e della riconducibilità dell’evento dannoso, in base ai principi sulla causalità omissiva, al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria (ad esempio perché vi erano state specifiche segnalazioni della presenza abituale dell’animale in un determinato luogo, rientrante nel territorio di competenza dell’ente preposto, e ciò nonostante quest’ultimo non si era adeguatamente attivato per la sua cattura)» (Cass. 18954/2017)”.
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