COPPIA DI FATTO ANCHE SE NON SI CONVIVE
Per la Cassazione la convivenza assume oggi un valore recessivo al fine di ritenere configurabile una convivenza more uxorio tutelata dalla legge (Cass. Civ. Sez. III, Ord. 9728 del 13.04.2018)
Ai fini della risarcibilità del danno subito da un convivente in caso di perdita della vita dell’altro, si configura una convivenza more uxorio anche in assenza di coabitazione, elemento che assume un valore recessivo e non dirimente.
La convivenza di fatto, infatti, sussiste qualora due persone siano legate da un legame affettivo stabile e duraturo, in virtù del quale abbiano spontaneamente e volontariamente assunto reciproci impegni di assistenza morale e materiale.
Lo ha rammentato la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nell’ordinanza n. 9178/2018, accogliendo il ricorso della compagna del defunto volta a ottenere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, conseguenti alla morte di quest’ultimo.
Spiega la Cassazione che al convivente di fatto và riconosciuto il diritto, in caso di perdita del convivente, a un’uguale tutela rispetto al soggetto coniugato: la convivenza tutelabile sarà quella all’interno della quale all’elemento soggettivo della relazione affettiva stabile si accompagni l’elemento oggettivo della reciproca, spontanea assunzione di diritti e obblighi.
Precisano gli Ermellini che il fattore coabitazione è destinato ad assumere ormai un rilievo recessivo rispetto al passato ai fini della configurabilità di una convivenza di fatto, in quanto la scelta del luogo di abitazione può essere necessitata dalle circostanze economiche, dalla necessità di assistenza a persone del proprio nucleo familiare, dalle esigenze del mercato di lavoro.
In tutte queste situazioni può comunque esistere una famiglia di fatto o una stabile convivenza, intesa come comunanza di vita e di affetti, anche se in un luogo diverso rispetto a quello in cui uno dei due conviventi lavori o debba, per suoi impegni di cura e assistenza, o per suoi interessi personali o patrimoniali, trascorrere gran parte della settimana o del mese, senza che per questo venga meno la famiglia.
Alla luce di quanto sin qui rappresentato, il dato della coabitazione, che all’interno dell’elemento oggettivo della convivenza viene ritenuto recessivo, “deve essere inteso come semplice indizio o elemento presuntivo della esistenza di una convivenza di fatto, da considerare unitariamente agli altri elementi allegati e provati e non come elemento essenziale di essa, la cui eventuale mancanza, di per sé, possa legittimamente portare ad escludere l’esistenza di una convivenza“.
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