TELEFONATE MUTE PER RIPICCA? È REATO DI MOLESTIE
L’esimente della “provocazione” non può essere applicata estensivamente al reato di molestie nei confronti del vicino (Cass. Pen., I Sez. Sent. n. 14782 del 03.04.2018)
Chi disturba il vicino con telefonate mute rischia una condanna per molestie e tale comportamento non può giustificarsi affermando di aver reagito ai continui rumori prodotti da quest’ultimo.
Lo ha precisato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 14782/2018 pronunciatasi sul ricorso che aveva assolto l’imputato dal reato di molestie di cui all’art. 660 c.p., commesso ai danni del suo vicino di casa con reiterate telefonate mute a qualsiasi ora.
Il ricorso trova accoglimento e gli Ermellini ricordano che l’esimente della provocazione, condizione di non punibilità prevista dall’art. 599, comma secondo c.p., per espressa disposizione di legge, si applica solo all’art. 595 c.p.
La norma, spiega il Collegio, trova la propria ratio nella condizione di colui che subisce un’aggressione verbale dagli aspetti diffamatori, la cui reazione della vittima di tali azioni è esente da conseguenze penali, quando si viene a delineare una particolare situazione di tipo emotivo, apprezzata dal legislatore in termini di inesigibilità.
L’esimente ha dei precisi limiti indicati dalla norma e non ha applicazione analogica.
Il legislatore, invece, attraverso la previsione nell’art. 660 c.p. tutela anche la tranquillità pubblica per l’incidenza che il suo turbamento ha sull’ordine pubblico, data l’astratta possibilità di reazione delle persone offese.
di Davide Carlo Sibilio